Effetto collaterale della Brexit: meno finanziamenti europei alla Sardegna

In questi giorni il Governo del Regno Unito attiverà le procedure previste dall’articolo 50 del Trattato dell’Unione Europea per far uscire il Paese Britannico dalla UE. Negli ultimi mesi si è tanto parlato degli effetti più o meno diretti che il divorzio potrebbe generare ad entrambi i partner, ma non si sono ancora approfondite le tematiche relative agli “effetti collaterali” che tale divorzio avrà a livello locale.

Tralasciando gli effetti più immediati sulla circolazione delle persone e sul commercio (in quanto al momento non è possibile prevedere il tipo di accordo che il Regno Unito stipulerà con l’Unione Europea relativamente a queste tematiche) è possibile iniziare ad approfondire l’effetto che il divorzio avrà sul bilancio dell’Unione Europea e sull’accesso per le regioni europee ai fondi strutturali comunitari.

L’ultima correzione del bilancio previsionale 2016 dell’Unione Europea ha fissato il valore del budget UE a oltre 136,6 miliardi di euro, di cui circa 133,7 miliardi versati dagli Stati membri. L’Italia ha versato circa 16,7 miliardi di euro, mentre il Regno Unito ne ha versati circa 18 miliardi (pari al 13,2% del budget totale). Al contempo il Regno Unito ha beneficiato di fondi europei per circa 7,8 miliardi di euro (pari al 5,7% del budget totale) e pertanto il Regno Unito è un finanziatore netto dell’Unione, con circa 10,2 miliardi di euro di avanzo.

Nell’ipotesi di mancato raggiungimento di un accordo fra Regno Unito e Unione Europea è necessario ipotizzare che il budget dell’Unione subirebbe una riduzione delle risorse finanziarie nette pari a 10,2 miliardi di euro (cioè il 7,5% dell’attuale budget). In primo luogo, pertanto, si dovrà procedere con una riduzione delle somme a disposizione di ciascun Paese membro.

Per semplicità di analisi si può ipotizzare una riduzione lineare fra tutti i Paesi. L’Italia al momento beneficia di circa il 9,5% del budget europeo (pari a circa 13 miliardi di euro). Un taglio lineare del 7,5% delle risorse corrisponderebbe ad una riduzione di 1 miliardo di euro. I fondi europei in Italia sono utilizzati per il sussidio dell’agricoltura (44,4%), per le politiche regionali di sviluppo (42,3%), per la ricerca e sviluppo (8,6%), per altre voci di spesa (4,1%). Ipotizzando anche qui una riduzione lineare su tutte le voci di spesa, ciò si tradurrebbe in una perdita di oltre 420 milioni di euro annui di fondi per lo sviluppo delle politiche regionali e di oltre 440 milioni di euro annui di fondi per le politiche agricole (che sono tra l’altro le due voci di spesa principali utilizzate dalle Regioni per favorire lo sviluppo delle aree più arretrate del nostro Paese).

Non solo. A livello regionale la ripartizione dei fondi e le intensità di aiuti ricevibili dalle imprese dipendono dalla comparazione del reddito medio regionale rispetto alla media dell’Unione Europea. La Sardegna, in seguito all’allargamento dell’Unione verso Est e la conseguente entrata di Paesi a più basso reddito, è stata sempre al limite fra le Regioni con priorità di investimento (oggetto quindi di investimenti più forti al fine di accelerarne lo sviluppo) e le Regioni in fase di transizione (oggetto di finanziamenti meno intensi). Alla fine del 2016 la nostra Regione è tornata fra le Regioni che sono oggetto di investimenti più intensi, in quanto il PIL pro capite regionale è diminuito a meno del 75% del PIL pro capite medio Europeo. Questa nuova classificazione permette, oltre ad una diversa priorità nella ripartizione delle risorse a livello governativo, anche di diminuire la quota di cofinanziamento richiesta alle imprese negli interventi agevolati. Se fino al 31 dicembre scorso una Piccola impresa che riceveva un contributo o un'altra forma di aiuto per la realizzazione di un nuovo investimento doveva cofinanziarlo con l’80% di risorse proprie, dal 1 gennaio di quest’anno lo deve cofinanziare solamente al 55% senza incorrere nella violazione delle norme sugli aiuti di Stato. Un’agevolazione importante per lo sviluppo del tessuto economico locale che è già immediatamente applicabile, per esempio, al credito di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno.

Le nostre elaborazioni su dati Eurostat 2014 stimano il PIL pro capite medio europeo in parità di potere di acquisto pari a € 26.677,82. Il PIL pro capite della Sardegna è di € 19.987,27 (pari al 74,9% del PIL medio della UE). Tale valore è appena inferiore alla soglia del 75% che farebbe uscire la Sardegna dal gruppo delle Regioni ammesse alle deroghe previste dalla lettera a) dell’articolo 107 paragrafo 3 del Trattato dell’UE. Poiché il Regno Unito è un Paese economicamente prospero con un PIL pro capite superiore alla media UE, le nostre stime indicano che l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea farebbe diminuire il PIL pro capite a € 25.506,48 e, conseguentemente, il PIL pro capite della nostra Regione sarebbe pari al 78,4% della media europea, perdendo così priorità nella ripartizione delle risorse comunitarie e costringendo anche le imprese a quote di cofinanziamento maggiore negli interventi agevolati, in quanto rientrerebbero nelle deroghe previste dalla lettera c) dell’articolo richiamato in precedenza che prevedono agevolazioni più limitate.

Inoltre, bisognerà anche valutare l’impatto che un budget UE ridotto avrà sui Paesi europei meno sviluppati (in quanto il finanziamento netto proveniente dal Regno Unito è destinato principalmente a loro) ed in che misura le economie più forti, come l’Italia, saranno chiamate a contribuire alla tenuta di queste economie rinunciando ad ulteriori risorse comunitarie.

 

Nota: tutte le considerazioni esposte valgono “a parità di altre condizioni”. Non essendo al momento disponibile alcuna forma di accordo preliminare fra Unione Europea e Regno Unito non è possibile conoscere i termini del divorzio. Un’eventuale uscita completa del Regno Unito, infatti, comporterebbe sicuramente un aumento consistente delle entrate da dazi doganali (che sono una delle voci di finanziamento del bilancio dell’Unione) e al contempo lo spostamento in UE di molte attività che attualmente si svolgono nel Regno Unito (con conseguente aumento delle entrate IVA di Paesi membri, che sono un’altra delle voci di finanziamento dell’Unione). Un accordo che consente al Regno Unito di rimanere nel mercato unico potrebbe essere stipulato solamente se il Regno Unito fosse disponibile a finanziare il budget UE (e quindi a coprire parte della mancanza di budget illustrata). Le elaborazioni esposte hanno pertanto la finalità di fornire un’ulteriore chiave di lettura per capire quanto in un’economia interconnessa l’entità degli effetti collaterali di un evento straordinario possa influenzare anche ambiti all’apparenza non direttamente coinvolti nell’evento stesso.

 

Fonti e articoli correlati:

Entrate del bilancio UE http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-13852-2016-INIT/it/pdf

Calcolatore delle spese UE http://www.europarl.europa.eu/news/it/news-room/20141202IFG82334/bilancio-ue-spese-e-contributi-degli-stati-membri

Eurostat – statistiche regionali http://ec.europa.eu/eurostat/web/regions/statistics-illustrated